Un'altra pillola di storia, persone ed eventi che accaddero a Poggio Cavallo e nei dintorni. Proprio oggi è il giorno della commemorazione per l'eccidio di Maiano Lavacchio.

Il 22 marzo 1944 nella piccola località rurale, nelle campagne tra Grosseto e Magliano in Toscana, a poca distanza da Istia d'Ombrone, 11 ragazzi furono uccisi su ordine del prefetto, per mano dei nazifascisti. Considerati pacifisti, non erano schierati né con i fascisti né con i partigiani. Il gruppo, formato da giovani studenti e lavoratori agricoli, si era nascosto senza armi in due capanne costruite su Monte Bottigli per sfuggire alla leva obbligatoria imposta dalla Repubblica Sociale Italiana. Lavorarono e si insediarnono per un periodo nelle nostre campagne grazie all'affetto e alla ospitalità delle comunità agricole e dei poderi della zona.

Furono rastrellati e fucilati dopo un processo sommario, condotto dalle autorità locali. E’ la storia dei “Martiri di Istia”, un esempio di resistenza civile e passiva, una strage nell’Italia ancora controllata dal fascismo asservito all’occupante tedesco.

In quel periodo l’Ispettore federale al reclutamento segnalò che pochissimi giovani avevano risposto alla chiamata della leva locale. Il Capo della Provincia di Grosseto Alceo Ercolani, adottò metodi sempre più brutali per costringere i giovani della zona all'arruolamento, fino all’arresto dei familiari. Fù incaricato di svolgere indagini sui renitenti della zona il catanese Lucio Raciti: questo si infiltrava nelle formazioni partigiane per ricavare informazioni utili ai rastrellamenti, ricevendo benefici economici. ​I ragazzi vissero a Maiano Lavacchio tranquillamente, svolgendo mansioni agricole in vari poderi e ricevendo in cambio vitto e alloggio.

Evidentemente sparsa la voce, la mattina del 19 marzo, nelle false vesti di un reduce di Russia in cerca di ospitalità, il Raciti ottenne al podere degli “Ariosti” notizie utili sulla presenza del gruppo su Monte Bottigli. All'epoca la zona era isolata e difficilmente raggiungibile, luogo perfetto come nascondiglio di renitenti e disertori, che potevano contare sulla generosa ospitalità contadina.

All'alba del 22 marzo 1944, poco prima delle 6, furono sorpresi nel sonno e catturati; non opposero resistenza, furono spogliati dei loro averi, picchiati e condotti al podere “Appalto” di Maiano Lavacchio, luogo di ritrovo della comunità in quanto scuola rurale, bottega e sala da ballo (l'Andrei). Li si svolse la farsa del processo, condotto dai fascisti poiché all'avanzare della linea di liberazione da sud, i tedeschi si erano già dileguati. Ai “ragazzi” non fu concessa nessuna difesa. Vane furono le preghiere da parte di alcuni parenti, accorsi sul posto dopo la diffusione della notizia.

Erano Mario Becucci (classe 1906), Antonio Brancati (1920), Rino Ciattini (1924), Alfiero Grazi (1925), Silvano Guidoni (1924), Corrado Matteini (1920), Emanuele Matteini (1924), Alcide Mignarri (1924), Alvaro Minucci (1924), Alfonzo Passannanti (1922), Attilio Sforzi (1925). Il più "vecchio", aveva 37 anni. Sulla lavagana della scuola vicino al podere "Andrei" rimase l'addio scritto da uno dei ragazzi alla Mamma e ai fratelli: «Mamma. Lele e Corrado, un bacio»

I corpi straziati furono lasciati sul posto, mentre le colonna fascista ripartì dopo aver razziato tutti i poderi della zona ed essersi macchiata di altre violenze. La sepoltura fu possibile solamente per l’interessamento e il coraggio del parroco di Istia, Don Mugnaini.

Ci ha fatto una certa impressione ritrovare nelle cronache che in particolare Alvaro Minucci, all'epoca solo ventenne, fosse un lavoratore proprio qui a Poggio Cavallo. Nato il 16 ottobre 1924, figlio di un antifascista, il rifiuto alla chiamata alle armi lo costrinse alla vita in clandestinità: dopo l’8 settembre visse al “Frantoiaccio” di Poggio Cavallo, lavorò per Giovanni Andreini a "Val di rigo", per poi passare al podere “Sdriscia” dei coniugi Matteini, dove il padre aveva avuto in appalto un lavoro di scasso delle fosse per le vigne.

Negli anni proprio qui abbiamo ritrovato tra i cipressi lungo il viale, numerosi bossoli di fucile risalenti alla seconda guerra mondiale. E alla base della nostra collina è ancora presente un profondo cunicolo nella roccia che i locali ricordano essere stato utilizzato come riparo e rifugio dai Grossetani in fuga dai bombardamenti e dai rastrellamenti.

Fonti:

http://www.grossetocontemporanea.it/i-martiri-distia-la-strage/

https://martiridistia.weebly.com/aspettando-la-fine-della-guerra.html

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